Lyrics Paolo Conte

Paolo Conte

Novecento

Dicono che quei cieli siano adatti

al cavalli e che le strade

siano polvere di palcoscenico

Dicono che nelle case donne pallide

sopra la vecchia «Singer» cuciano

gli spolverini di percalle,

abiti che contro il vento stiano tesi

e tutto il resto siano balle,

vecchio lavoro da cinesi… eh… eh…

Dicono che quella vecchia canzoncina

dell'ottocento fa sorridere

in un dolce sogno certe bambole

tutte trafitte da una freccia indiana,

ricordi del secolo prima, roba di un'epoca lontana,

epoca intravista nel bagliore bianco

che spara il lampo di magnesio

sul rosso folle del manganesio.. eh… eh…

Indacato era il silenzio e il Grande Spirito,

che rellentava la brina, scacciava

i corvi dalla collina…

come una vecchia cuoca in una cucina

sgrida i fantasmi del buongustai

in una lenta cantilena…

Lasciamo stare, lasciamo perdere, lasciamo andare

non lo sappiamo dov'eravamo

in quel mattino da vedere… eh… eh…

Dov'eravamo mai in quel mattino

quando correva il novecento

le grandi gare di mocassino…

lassù, sui palcoscenico pleistocenico,

sull'altopiano preistorico

prima vulcanico e poi galvanico…

dicono che sia tutta una vaniglia,

una grande battaglia,

una forte meraviglia… eh… eh…

Galvanizzato il vento spalancava

tutti i garages e liberava grossi motori entusiamati…

la paglia volteggiava nell'aria gialla

più su del regno delle aquile

dove l'aereo scintilla…

l'aereo scintillava come gli occhi

del ragazzi che, randagi,

lo guardavano tra i rami del ciliegi… eh…eh